Ricordi.
Ho
messo in vendita la casetta al Cavo.
Cavo
è un paese dell'Isola d' Elba dove è nata mamma e dove potevo
nascere anch'io.
C'ero
già nel 1939 a toccare barche e guardare il mare con nonna Serafina.
Ci
tornai, con tutta la famiglia, nel 1946. Una mareggiata ci inchiodò
a Piombino due giorni, ospitati alla meglio da amici.
L'Italia
era un cumulo di rovine ma mai gli italiani si erano sentiti più
vivi.
La
casetta, anzi l'appartamentino, era lo stesso di 40 metri di ora.
Intorno la corte, accanto i due piccoli giardini su due livelli;
coll'arancino in quello di sotto e il nespolo di sopra. Quando mi arrampicavo sul nespolo dai bei rami elastici vedevo un mare solo mio. Non c'era gabinetto esclusivo.
Il gabinetto era condominiale per le tre case intorno. La mattina
c'era un gran traffico di pitali.
Bisnonno
Giacomino coi suoi due fratelli Franceschino e Pilade si erano costruiti una casa per uno intorno ad una piazzetta.
Giacomino, alto e dinoccolato, con due baffoni da tricheco, marinaio anzi marittimo, si
mangiava le acciughe crude, cacciato dalla cucina dalla sua moglie nonna Nunziata.
Nunziata era piccolina, con capelli bianchissimi sempre
accuratamente avvolti in un fazzoletto nero. Vestiva tutta di nero e
si mormorava che non avesse bevuto più acqua da quando suo figlio,
mio nonno Filiberto, era morto nell'affondamento del piroscafo
Sgarallino, tornando da Piombino. Era il 1942. Nonna Nunziata aveva
un'altra meraviglia: un grembiule fatto con un pezzo di paracadute
vero; nero da una parte e senape dall'altra.
Anno
dopo anno quelle persone e quella casa mi regalarono le ore più
belle di una vita fortunata. Morti i miei bisnonni fu mamma Wilma a
prendere la casa in mano. Grande cuoca, pittrice, forte e gentile.
All'Elba dicono di sé gli elbani: forte come il fero,
con una erre sola. ( in compenso raddoppiano quella di zero, diceva
mamma contando “ zerro, zerro..”
Così
era mia madre, forte come il fero. E “zio”
Cardenio che mi portava a pescare, i cugini Carlo e Marcello, le
stagioni che correvano ma l'Isola la ritrovavi sempre splendente e
profumata di pelici e oleandri, battuta da un mare che era il mare di
casa, generoso e misterioso, che chiedeva accortezza e amore e ti
premiava con pesci profumatissimi, i più vari. Finivano tutti in
magistrali cacciucchi.
Ahimè,
ahimè, che tempo amaro è questo, coi miei morti oltre l'orizzonte,
che chiamo senza risposta.
Vendo
casa piangendo, non per quelle mura che sono solo mura. Piango il
mio mondo che non c'è più.
E'
la regola, il tramonto per nuove albe. Mi consolano i nuovi, il loro
sorriso, i loro piccolissimi figli.