martedì 9 maggio 2017

Papa Begoglio spiegato ai borghesi del 1789





Diavolo d'un Papa!


Non leggo Il Foglio, ma ieri ho fatto un’eccezione e me lo sono comprato per leggere della politica italiana. Lo apro e ci rimango male: ci sono 3 delle 4 grandi colonne della prima pagina con un titolone: IL PAPA POPULISTA  sormontate non bastasse da un disegno satirico con Papi con triregno e croce sanguinolenta, cardinalacci e altri con mitrie, tutti con brutte facce.

L’articolessa porta la firma di Loris Zanatta e comincia così: 
come è il mondo visto da Papa Francesco?  
Zanatta evidentemente lo sa e ce lo spiega in altre sei colonne a pagina 2 e 3, in pratica mezzo giornale.
Non sapendo niente di Loris me lo cerco on line e ne scopro un curriculum vitae ricchissimo. Il giovanotto , nato nel 1962,  non ha un curriculum riassumibile: scibile troppo vasto anche se da cattedratico specialista.
 Mi fermo alle prime righe:

Professore ordinario Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
Settore scientifico disciplinare: SPS/05 STORIA E ISTITUZIONI DELLE AMERICHE
Coordinatore Corso di Laurea Magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche.

Da una scorsa del curriculum del Professore si capisce che la sua specialità  è l’America Latina e  dell’America Latina l’Argentina. 
Insisto nell’indagine e scopro un articolo, che dico, un trattatello del Nostro pubblicato sulla prestigiosa rivista “Il Mulino” datato 18 Aprile 2016 e  intitolato:

 Un papa peronista?

La tesi di Loris, che si definisce non credente ma storico studioso ventennale della Chiesa Argentina è che Papa Francesco è un populista peronista, ha una viscerale avversione per il mercato, crede in una Apocalisse prossima ventura,  combatte contro le conquiste dell’umanità  e segnatamente quelle del 1789.
Lascio assaggi dell’articolo ai bocconcini evidenziati dai titolisti de Il Foglio:

Ama ( il Papa ) dire la sua su tanti temi mondani. Discorsi che si adattano spesso alla platea cui si rivolge. Un colpo al cerchio e uno alla botte”

“Il male che lo assilla è raramente quello della condizione umana e spesso quello della struttura sociale”

“Un analisi manichea e catastrofista della globalizzazione- motore di molteplici iniquità e ingiustizie-  che- privilegia il lucro e stimola la competizioneconcentrazione del potere e delle ricchezze- da cui dipendono le crescenti disuguaglianze, l’esclusione e lo sfruttamento -di miliardi di persone-“

“ Francesco non è un bolscevico in tonaca bianca. Il papa progressista è diretto erede d’una tradizione un tempo definita reazionaria: dell’antimodernismo ispanico, nostalgico dell’organicismo tipico della cristianità medioevale e nemica giurata dei principi liberali e borghesi del 1789”

Eccoti sistemato Papa Francesco.
Ma, ma…un cattedratico non credente specializzato può capire cosa dice Papa Francesco? La risposta è no. Ne tradurrà le parole nella sola lingua che conosce, che è per l’appunto quella nata col secolo dei Lumi e la traduzione sarà inevitabilmente sbagliata.
Dunque, lascio perdere. Del resto, nei Vangeli la cosa è prevista. “ Chi ha orecchie per intendere intenda “  Loris Zanatta non ce l’ha e tutto quello che posso fare è pregare e sperare che gli crescano.
Invece qualcosina potrei dire sulle magnifiche sorti e progressive attribuibili ai principi liberali e borghesi del 1789. Fatelo voi: elencate i grandi accadimenti dal 1789 ad oggi, senza scordarvi  lo sterminio dei nativi americani nel romantico West, permesso anche da quel gioiellino che è il fucile a ripetizione, lo sfruttamento dell’Africa Nera da parte dei borghesi europei, la bomba su Hiroshima e Nagasaki e la distruzione della foresta pluviale per farci fazzolettini da naso e parquettes di pregio.
Ah, dimenticavo! Metteteci dentro anche i supertelefonini, quelli che consentono alle persone di farneticare camminando.
Ma vuoi mettere con l’organicismo tipico della cristianità medioevale?


martedì 2 maggio 2017

Votare in Piazza dei Ciompi.




Una bella giornata di sole.


Ieri l'altro a Firenze era una bella giornata di sole, ornata di alcune belle cose, come le specialità gastronomiche italiane da Eataly, le primarie del PD e la Messa Santa dai camilliani all'Ospedale di Santa Maria Nuova. Le specialità erano porchetta, panino col lampredotto, pici col sugo di nana ( anatra in italiano ) o all'aglione, tortelli di ricotta e spinaci al sugo di carne chianina vera. E ditemi se è poco. I camilliani sono due giovani sacerdoti del Burkina Faso che si ispirano a San Camillo, un santo soldato spagnolo del '500 convertitosi alla cura dei feriti e dei moribondi. Li ha conosciuti in corsia all'ospedale.
Le primarie si votavano in piazza dei Ciompi che è a 870 mt. da dove sto. Una impresa sportiva per me arrivarci e sopratutto tornare.
Così decisi di rinforzarmi con una incursione da Eataly e di mangiare a casa panino col lampredotto e porchetta, questa insieme a gatta Danny.
Sono partito alle 16 e 45 satollo e contento. Mentre camminavo, o meglio mi trascinavo, riflettevo sulla fortuna di quelle strade piene di vita, le piazzette con la gente a sedere qua e là a mangiucchiare e leccare gelati , il senso di pace e di sicurezza. La vita bella.
Il circolo ARCI di Piazza dei Ciompi è quel portone antico a destra del pino. C'era un sacco di gente sorridente e allegra, tavoli, urne, schede, donne a votare di qua, uomini di là. E un cortiletto elegante con le panchine, Dio benedica.
Al ritorno una sosta da Mesopotamica, dove fanno un magnifico kebab, e poi in Chiesa. E' bello ascoltare giovanotti neri che leggono il Vangelo: i discepoli sulla strada di Emmaus.
A casa pensai che tutto si teneva, buon cibo, accoglienza ai ragazzi del Burkina e del kebab, il Vangelo predicato in una bella chiesetta, le votazioni di donne e uomini liberi, consapevoli che tutto questo non è per niente scontato.
Scommisi su una partecipazione di novecentomila persone e della vittoria di Renzi col 55%.
La scommesso l'ho persa.
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Quello che segue è un facebook di Matteo Renzi, prima dell'apertura delle urne.

Prima di tutto, prima di sapere come andrà a finire, devo dirvi grazie.
In molti pensano che quelli che fanno politica siano robot.
Non è così. Anche se non sembra, siamo umani anche noi.
Persone in carne e ossa, con le nostre emozioni, con i nostri dubbi, con le nostre difficoltà.
Ho vissuto cinque mesi non facili dopo la sconfitta referendaria.
Rifarei domattina quella battaglia. Una battaglia persa non è una battaglia sbagliata. Sono più convinto oggi di cinque mesi fa che l'Italia avesse bisogno della svolta istituzionale che proponevamo. Sia detto col massimo rispetto per i cittadini che allora si sono espressi in modo chiaro: se fosse andata diversamente oggi l'Italia sarebbe più forte, in Europa e non solo. E la politica non stagnerebbe in una palude di imbarazzanti ritardi, a cominciare dalla melina sulla legge elettorale.
Ma il popolo ha deciso e il popolo ha sempre ragione.
Mi sono dimesso da tutto. In qualche giorno sono uscito da Palazzo Chigi come c'ero entrato: libero. Senza vitalizio, senza immunità, senza indennità. Ma con uno smisurato senso di gratitudine per il mio Paese che mi ha concesso un onore immenso nel servirlo. Sarò un inguaribile romantico ma io mi emoziono a cantare l'Inno di Mameli e provo un brivido davanti alla bandiera simbolo di una comunità.
Quando mi sono dimesso, volevo davvero mollare tutto.
Dopo anni di impegno totalizzante per la cosa pubblica, volevo pensare a me, ai miei, ai fatti miei. Non mi vergogno di dirlo: volevo mettere al centro il mio futuro.
Sono stato circondato dall'affetto, dalla cura, dall'esigente attesa, anche dalla rabbia di tantissime donne e uomini. La maggioranza di queste persone non le conosco personalmente ma è come se fossimo amici da sempre. Perché siamo simili: simile l'idea del futuro, simili i valori, simile l'attaccamento all'Italia. E in questi anni abbiamo camminato sullo stesso sentiero.
Debbo molto a queste persone perché mi hanno costretto a guardarmi in faccia. Mi hanno costretto a fare i conti con la parola responsabilità. Rispondere, appunto, non solo a se stessi ma a una comunità. Tra le tante canzoni che ho sentito in questi mesi, fatti di letture, di poesie, di pensieri ma anche di tanta musica, una di Ligabue mi ha colpito a cominciare dal titolo "Ho fatto in tempo ad avere un futuro, che non fosse soltanto per me".
E allora ho ripreso il trolley e ho girato, dalla Locride alle periferie della nostra città, da Taranto al quartiere Sanità a Napoli. Dal profondo nord fino alla mia Firenze che ho ricominciato a girare in bicicletta, finalmente. Ho ripreso a girare ascoltando i ragazzi che combattono in comunità contro la ludopatia o chi lavora all'ombra dalle vele di Scampia.
E insieme alle persone che condividono questo sogno splendido di mandare avanti l'Italia, senza lasciarla nelle mani di chi sa solo protestare, contestare, urlare, ci siamo rimessi in gioco. Per andare avanti, insieme. Stanotte sapremo come è andata la grande sfida delle primarie. Sapremo se come canta ancora il Liga faremo in tempo "ad avere un futuro che fosse molto più grande di me: magari ne merito un altro di nuovo, dove comunque ci sei anche te"
Quello che però voglio dirvi, adesso, a seggi chiusi ma prima di sapere il risultato delle primarie, è che io stasera prima di tutto vi devo un gigantesco grazie. Anche nel tempo dei social e dell'intelligenza artificiale, non c'è niente che valga più dei rapporti umani. La politica è innanzitutto umanità. E io in questi cinque mesi sono stato incoraggiato, sostenuto, accompagnato da un'ondata straordinaria di umanità. Restituire questo affetto non sarà facile. Ma sarà uno dei miei impegni più grandi per il futuro, comunque vada stasera.
Ci sentiamo più tardi per i risultati, intanto un abbraccio e un sorriso.