lunedì 28 dicembre 2015

Lunga vita e prosperità.




2016.


E così domani mi infilo nel prestigioso Centro Don Gnocchi, centro di riabilitazione e cura, sorprendentemente tutto gratuito. Centro di eccellenza in tutto tranne che nella connessione in rete; l'altro anno non c'era e dubito l'abbiano messa. Così gli auguri ai miei cari amici di blog e anche a tutti gli altri li faccio ora.

Fare gli auguri non è poi facile come sembra; per esempio il “ lunga vita e prosperità” di Spock potrebbe sollevare molti problemi in molta gente.
Io preferisco: “ buona salute da cima a fondo”.
In quanto alla prosperità, no, non auguro prosperità. La prosperità è rischiosa; se ritenete sia troppa sarete assaliti da rimorsi e se poca, da sentimenti di invidia. 
La prosperità non serve a nulla, non leva mai la sete.

Vi auguro il necessario con un poco, ma poco, di superfluo e tutto il resto datelo a chi non ha neanche il necessario.
Date via a piene mani, senza fare conti ma tenendovi ben stretto il necessario e un poco ( ma poco ) di superfluo. A chi non crede nella Provvidenza dico che sbaglia e di grosso. La Provvidenza non è una regalìa ma una rotta. Seguite la corrente del Bene senza deviare troppo e vi accorgerete di vivere nella Benevolenza. Benevolenza è il giusto sinonimo di Provvidenza e anche di Grazia. Non sono termini e definizioni religiosi, sono nelle cose e negli uomini.

Nei rovesci e nelle tempeste mantenete il cuore forte ma sempre aperto; non rinchiudetevi. 
Se vi sentite depressi dimenticatevi e datevi agli altri, quelli che chiedono un sorriso o solo uno sguardo. Migliorerete; se non migliorate fatevi vedere da un medico bravo; con la depressione non si scherza.


E insomma Buon Viaggio nel tempo futuro che pare ci sarà regalato. Gran regalo, grande viaggio.


giovedì 24 dicembre 2015

Quella Notte.



Buon  Natale gente.

RACCONTO DI NATALE

Non potevi lasciare incustodite le pecore di notte. Le rubavano. Serviva una guardia notturna e Aaron e Eleazar erano lì per questo, appoggiati a due nodosi bastoni e infagottati nelle vesti di lana contro il freddo di una notte di inverno.
“ Aaron” disse Eleaza “guarda le pecore”
“ Le  pecore? Che hanno le pecore? Sono normali pecore con quelle due bestiacce cornute dei montoni, ecco tutto”
“Aaron, le pecore stanno tutte ferme e girate di là e anche Zannut e Cornoc”
“ Zannut  lo sgozzo una volta o l'altra. Ieri mi sono chinato per un pugno di more e quel fottuto mi ha...”
“ Aaron,  c'è qualcosa che non va. Lo senti il silenzio?”
“ Lo  seeenti  il silenziiio?” gli fece il verso Aaron “ e come si fa a sentire il silenzio, scimunito? Capisci meno del capro”
“ E  la stella?”
“ Che  stella?”
Aaron non era uomo da guardare spesso il cielo. Un uomo pratico, posato e operoso: moglie, tre figli, il gregge, il formaggio, il denaro…Cose con-cre-te come ripeteva spesso a Eleazar che tendeva a starsene con la testa tra le nuvole.
“ Quella  stella sulla capanna in fondo al recinto.”
La stella era una stella davvero grande e stava proprio a perpendicolo sulla capanna del vecchio Amos, illuminando intorno e creando strane ombre dagli alberi.
“ Oh  accidenti! Non l’avevo vista. Ma c’era quando siamo arrivati?”
Eleazar fece di no col capo.
“ Beh,  le stelle sono fuochi nel cielo. Questa è un po’ più grossa.”
Le pecore si mossero tutte insieme verso la capanna coi montoni dietro.
“ Ma  dove vanno queste cretine? Frusta su, bestiacce!” Aaron assestò un paio di legnate a due pecore che continuarono imperterrite a camminare a capo basso verso la capanna. Il montone Zannut interpretò le legnate come minacce alle pecore e si avventò. Arrivò su Aaron e con una cornata secca e precisa lo buttò in terra.
“ Oh  per…ah diav…ma io lo scanno e lo friggo nel suo grasso!” Aaaron era un uomo pio come tutti i buoni israeliti e non avrebbe mai nominato il nome di Dio invano, ma Zannut le bestemmie le levava di  bocca....
Da terra vide la vedova Elisheva che andava velocemente verso la stalla con dei panni intorno al braccio.
“Ma che succede?” chiese Aaron da terra. 
“C’è una di Galilea che partorisce”
“ Nella  stalla?”
“Non c’era posto nella locanda. Questa viene da Nazareth e quello lì sulla porta è il marito”
“ Da  Nazareth? Questi puzzolenti pescatori…”
“ E’ brava gente”
“ Sì, tutti bravi e buoni ma sempre Galilei sono”
“ Aaron…” disse Eleazar “ guarda là su”
Indicò  il tetto a capanna della stalla dove c’era indubitabilmente la figura di un giovane che splendeva di una luce sua.
“ Che  ci fa quell’ idiota là su? Ma che succede stasera?”
Le pecore s’erano disposte tutte intorno alla porta della stalla. Non belavano, non brucavano. Zannut e Cornoc s’era seduti, cosa mai vista.
“ Che  ci fai sul tetto?”
“Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il  popolo:  oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore.  Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia.” Eleazar si buttò in ginocchio.
Aaron rispose a muso duro:
“ E  da quando i salvatori del popolo  nascono nelle mangiatoie? Un bimbo in fasce, poi! Scendi  mentecatto !”
Si sentì un vagito e le pecore chinarono la testa tutte insieme e i capri belarono forte. Eleazar batté la fronte a terra, poi si alzò e si incamminò verso la stalla.
Aaron scosse il capo. “ Credulone.  Il salvatore ,  il Cristo Signore…Un Galileo, ma via. Un poveraccio, figuriamoci. Domani per fortuna se ne saranno scordati tutti.” Girò le spalle alla capanna e se ne andò a dormire. Alle pecore ci pensasse quell’ imbecille di Eleazar.
Alle sue spalle   apparve con l'angelo la moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama».
Era il primo Natale ma Aaron non lo seppe mai.
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....e non fate come Aaron....


mercoledì 16 dicembre 2015

Tra due ore, in Piazza Duomo

Natale?


Tra due ore uscirò di casa e me ne andrò in Piazza Duomo che è qui vicino.
C'è una folla incredibile: allegra, ben vestita, di tutti i paesi del mondo e luci, luci, luci. Un albero di Natale coi gigli di Firenze rossi splende delle lucette a led che fanno vergognare le lampadine di una volta.
C'è festa senza dubbio ma solo qualcuno sa il perché; insomma, il Festeggiato è dimenticato da una gran parte dei festeggianti.

E' , lo ricordo,  il  compleanno di un giovanotto ebreo, nato in   Palestina all'incirca duemila e quindici anni fa.
Per gli ebrei era il 3756esimo anno dalla creazione del mondo da parte di quel loro Dio unico. Per i  romani  il 753esimo  dalla fondazione di Roma e il mondo era governato dall'Imperatore Ottaviano. In Palestina, a Gerusalemme, aveva spedito  un suo uomo, un certo Ponzio Pilato.

Digressione: ci sono scoperte che cambiano il destino e la vicenda dell'umanità intera. Una fu la scoperta del fuoco o meglio la sua utilizzazione. Il   fuoco era ben noto per via di fulmini, incendi e fumi. Era la sua utilizzazione che fu capita lentamente: illuminare, scaldare, cuocere, riunire la famiglia e poi la tribù; lo facciamo ancora oggi se si ha la fortuna di avere un focolare o anche solo un caminetto.  Nacquero villaggi e città: la civiltà.

Ebbene, ascoltate: il giovanotto ebreo di cui ricordiamo la nascita  è lo scopritore dell'amore  e  della sua dimensione, né più né meno.

L'amore era noto anche prima ma cautamente, su orizzonti modesti, raramente verso gli estranei e mai, mai verso i nemici.
Un principe indiano di  nome  Siddharta  aveva dato, seicento anni prima,  una qualche indicazione:

« E cosa è mai, o monaci, questo sentiero di mezzo realizzato dal Tathāgata che produce la visione e la gnosi, e che guida alla calma, alla perfetta conoscenza, al perfetto risveglio, al nibbāna? Esso il Nobile ottuplice sentiero, ovvero la retta visione, la retta intenzione, la retta parola, la retta azione, il retto modo di vivere, il retto sforzo, la retta presenza mentale, la   retta   concentrazione .   »

Di amore non si parla, piuttosto di compassione ma tra amore e compassione c'è una gran differenza: puoi essere compassionevole anche di là da un vetro, ma amoroso no.

Il giovanotto ebreo, Yeshua ben Joseph,  in tre anni spiegò a dei discepoli allibiti e raccattati qua e là che si doveva amare tutti: il prossimo, anche i noiosi e gli antipatici , i nemici anche spietati e orrendi , gli stranieri di ogni etnia e provenienza , i poveri,   anche quelli sdentati e brutti e perfino arroganti, i malati  e i carcerati.
Non doveva essere un sentimento di amore ma una azione di amore: il prossimo da amare come sé stessi, i nemici da perdonare, gli stranieri da accogliere in casa, i poveri da sfamare e rivestire, i malati da curare chinandosi sopra piaghe e fiati, i carcerati da visitare.

Era troppo e il troppo stroppia; fu rapidamente incarcerato e crocifisso da Ponzio, per via dell'ostilità della classe sacerdotale  ebrea  e anche di gran parte del popolo.

I suoi discepoli raccolsero questa vicenda in un po' di lettere e in quattro libretti. Leggeteli, sono istruttivi.
Poi successe quello che sapete. Si accese un gran fuoco dalla Palestina alla Siria, tra gli etiopi e i cartaginesi, a Roma, e poi su tra vichinghi, russi, galli…
Quel fuoco di amore brucia e scalda ancora.

E se capitate a Firenze in Piazza Duomo, quella chiesa immensa di marmi colorati e statue e quella cupola immane, non ci credereste, fu eretta per Sua Madre, Miriam.


Buon  Natale, e ricordate di Chi.

giovedì 10 dicembre 2015

Il povero Cristo dei Bianchi.







Il Crocefisso de' Bianchi.


Nella chiesetta a duecento metri da dove sto  che si chiama San Michelino c'è un crocefisso di legno del 1100 chiamato Crocefisso de' Bianchi, per via di una confraternita   che se l'era ordinato.
E' un povero Cristo sconsolato che pende dalla sua croce di legnaccio grezzo neanche piallato ;   un Cristo da poveri, per niente liscio e eburneo come quello di Michelangelo. Se ne sta lì da novecento anni, dieci vite lunghe una dietro l'altra, trentasei generazioni.
Mentre dalla panca me lo riguardavo m'è venuto da pensare quante lacrime aveva asciugato, quale immensa distesa di dolori alleviati e di speranze riaccese. Di più, quanti perdoni, riconciliazioni, misericordie, pianti di liberazione, riconoscimento dei propri errori.
Si scrive che le religioni monoteiste si sono portate dietro   preti e dogmi, guerre, persecuzioni, fanatismi e roghi.
Sì, ma anche innumerevoli Crocefissi e Madonne e Santi per ogni occasione e tutti funzionanti come pronto soccorso delle anime semplici, quelle che ridono e piangono senza pensare troppo.
Il mio terrore è che quelle anime rimangano senza   questa protezione celeste, perché non potranno sostituirla con la mia   raffinata capacità di distinguere, frutto dei soldi di babbo oltre che di buoni studi e di letture, che è poi quella di molti che scrivono contro la Chiesa.
Finché ci sarà un Nietzsche a proclamare che Dio è morto, Dio vivrà.
 Morirà davvero quando nessuno ne parlerà più.
Allora si spegnerà la Luce divina e per troppi resterà solo il buio, il grattaevinci e un po’ di   sesso, in un Universo vuoto, incomprensibile, casuale.

Libera nos Domine!

giovedì 3 dicembre 2015

Papa Bergoglio in Africa

Centroafrica 



Avevo cominciato a preparare un bel post sulla visita di Papa Bergoglio a Firenze. Lo finirò e pubblicherò, naturalmente, ma il sant'uomo si è precipitato in Africa e di questo scrivo.
I prudenti  hanno anche provato a fermarlo ma sono stati bloccati da due allocuzioni papali senza scampo:
 “ho più paura delle zanzare che delle persone “ e  ” in Centroafrica ci vado a costo di paracadutarmi”. E è partito.

L'ho seguito ininterrottamente su TV2000, che è la televisione vaticana. Ve la consiglio, ha un livello intellettuale che rinvigorisce, dopo la visione delle altre.
La prima rivelazione per me,  fino dalla prima tappa,  è come sono fatti gli africani in Africa. Sono giovani, allegri e se cantano ballano contemporaneamente; tutti, anche Eminenze reverendissime e Presidenti.  Sono per la massima parte poverissimi ma camminano su immense ricchezze che l’Occidente degli affari gli ha rubato e dentro paesaggi splendidi, i più belli del Pianeta.
Una meraviglia assoluta sono   le donne: belle, fortissime, regine dagli occhi tristi, con famiglie numerose sulle spalle mentre gli uomini fanno altro, come scannarsi sempre e assiduamente.
Le donne sono la speranza dell'Africa.

Bergoglio è piombato dentro questo paese a me sconosciuto ma a lui no, perché Kenia, Uganda e Repubblica centroafricana sono ben forniti di vescovi, preti, frati e suore fino da tempi lontani. Padre Camboni era lì nel 1854 e ora ci trovi i comboniani. In Uganda furono uccisi ventidue servitori del Re  perché cristiani cattolici  e molti di più anglicani. Era il 1885.
In Centroafrica lavorano suore straordinarie, bianche e nere, giovani e vecchie, che ho visto intervistate in TV2000.  Mi fanno sempre ricordare due fulminanti versi di Michele Serra:
(…)
sarei un’ottima suora
se ne avessi i coglioni
(…)
Il Papa ha detto cose meravigliose in ogni occasione e omelia; ha pregato in moschea con l’Imam perché Dio è Uno. Ha invocato la pace, il perdono, l’amore tra gli uomini, ha abbracciato i poverissimi e  i rifugiati; ha baciato i bambini invocando la giustizia, la fine delle ruberie dei popoli ricchi sull' Africa depredata, il diritto all' acqua, alla terra ad una casa, al lavoro e ad un gabinetto. 
E’ un Papa di totale e assoluta concretezza.

La Chiesa cambia? E una Chiesa finalmente giusta , vera e obbediente al Cristo e non ai suoi preti, cambierà il mondo?
Non lo so, non lo so. Però credo che si debba imitare Bergoglio nella sua concretezza: ho cominciato a spedire qua e là piccole somme di denaro, quanto  una pensioncina mi consente.
In Centroafrica ci sono uomini e donne che vivono con 1,35 dollari al giorno.
Io al confronto sono il ricco Epulone e non vorrei dare solo le briciole.
Dieci euro in Africa contano e pesano. Magari si trasformano in una bella bevuta di latte, in un pane crocchiante, nel sorriso di un bimbo.

Qui tre indirizzi:

amicicentroafrica.it   ( laica )
mondoaperto.it  ( religiosi comboniani )
cvm.an.it ( laici cristiani marchigiani! )