martedì 29 settembre 2015

Papa Francesco




Un Papa dell'altro mondo.

Sì, ho seguito Papa Francesco negli Stati Uniti e mi sono visti tutti i discorsi e le cerimonie. Ne sono uscito rintontito dalla mancanza di sonno e tormentato da una domanda: ma che ha questo Papa di diverso dagli altri?
Che sia diverso lo vedo da alcuni mangiapreti che frequento, di quelli che il Vaticano lo ridurrebbero a bivacco per ciuchi e vacche.
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Perché? Il perché non è chiaro.

Basta però elencarne le particolarità e confrontarlo con i Papi precedenti, diciamo da Pio XII a Benedetto per rendersene subito conto.
Papa Bergoglio viene dall'America latina, terra di dolori, tormentata per decenni da rivoluzioni, dittatori e narcotrafficanti, insidiata nelle libertà dagli Stati Uniti e oggi in lenta rinascita.
Non ha niente di curiale e nemmeno di cardinalizio. E' totalmente estraneo alla storia della Chiesa Cattolica, Apostolica e sopratutto Romana così come si è configurata da Costantino in poi.
E' un perito chimico, ha avuto una fidanzata e è entrato a ventidue anni, fulminato da una vocazione irresistibile, non in Seminario ma nella Compagnia di Gesù, che ha a capo un Generale che viene chiamato per l'appunto il Papa Nero.
Da Arcivescovo di Buenos Aires visitava le parrocchie prendendo il tram, con la sua fedele borsa di cuoio nero nella destra.
No, non è un Papa come gli altri.

Delle molte cose che fa una mi ha stupito: ripulisce la sua Chiesa con la determinazione di certe madri di famiglia. Ha demolito la Curia e l'oscura banca vaticana, ha condannato con parole terribili i sacerdoti violatori dell'innocenza e gli alti prelati che li hanno coperti, ha chiesto perdono ai valdesi per le stragi di mano cattolica.

Ha enunciato che nessuna religione, nemmeno la sua, ha l'esclusiva della verità e di Dio e che tutto, ma proprio tutto quello che serve è amore e misericordia verso la Creazione e le sue creature.

No, non è un Papa come i 265 precedenti.
Rendiamo grazie.



sabato 19 settembre 2015

E così era tutto un sogno....





L'Europa finita su un filo spinato.


Confesso, io all'Europa ci ho creduto.

Del resto, nell'idea di un'Europa unita e solidale, che riconosceva finalmente come comune la sua storia, io ci sono cresciuto dentro.

Ricordo ancora le sigle: CECA , Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio, con cui noi italiani avevamo ben poco da fare, non avendo né carbone né acciaio. Era il 1951, avevo quattordici anni e un babbo che mi spiegava le cose. E poi, quel termine! “Europea”! Appena sei anni prima gli europei erano  impegnati dal 1939 a sbudellarsi, bombardasi, distruggere tutto quello che era possibile, e ora : 
” Comunità Europea”!

Poi la CEE, ancora più esplicitamente Comunità Economica Europea, nel 1957, a Roma, il trattato, anzi il Trattato. Che emozione, che speranze.

Invece alla prima prova neanche tanto difficile e cioè di accordarsi tra cinquecento milioni di abitanti per soccorrere due milioni di disperati in fuga coi bimbi e con le donne, è franato tutto.
Sono gli Stati Nazionali, i Governi Nazionali, le Popolazioni Nazionali che non vogliono accollarsi disturbi o correre rischi e dell'Europa se ne fottono.
Se la Croazia di quattromilioniduecentomila abitanti dice che diciannovemila profughi la mandano in crisi, beh, è finita. Gli toccava un profugo ogni 220 di loro e la Croazia è una Nazione civile.
La verità l'ha detta quel diplomatico danese. Venendo da una nazione di sempliciotti, ha dichiarato pari pari che non si volevano, loro danesi, giocarsi nemmeno un centesimo del loro tenore di vita. Gli altri, Ungheria, Paesi Baltici, Polonia e in definita l'est europeo, trovano formule più ipocrite.
Ma quella è l'infame giustificazione.

Stavolta sono fiero di essere italiano. Noi ne abbiamo salvati centosessanta mila, ne ospitiamo diverse decine di migliaia e solo il Salvini ha avuto il coraggio di specularci sopra, con la sua bella faccia di merda.

Addio Europa. Forse sono mancati simboli, marce, sfilate e batticuori e una prova fondante di quelle dure, tutta nostra. Bah.

Proviamoci ancora, gente.








venerdì 4 settembre 2015






Tenore di vita.


Un irreprensibile e profumato ministro danese si è detto preoccupato dell'immigrazione incontrollata:
Ne va del nostro tenore di vita!” ha commentato.
Invece il bambino siriano sulla battigia che dorme sereno  il suo ultimo sonno, no, non si preoccupava del suo tenore di vita.

Voleva vivere lontano da guerra e morte; che c'è di più semplice e ovvio?

I migranti si giocano la vita ma noi ci giochiamo l'anima.
Non sono loro quelli più a rischio.
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e smettetela di chiamare iena Salvini! Un po' di rispetto per le iene, perdio!