L'Europa finita su un filo spinato.
Confesso,
io all'Europa ci ho creduto.
Del
resto, nell'idea di un'Europa unita e solidale, che riconosceva
finalmente come comune la sua storia, io ci sono cresciuto dentro.
Ricordo
ancora le sigle: CECA , Comunità Europea del Carbone e
dell'Acciaio, con cui noi italiani avevamo ben poco da fare, non
avendo né carbone né acciaio. Era il 1951, avevo quattordici anni e
un babbo che mi spiegava le cose. E poi, quel termine! “Europea”!
Appena sei anni prima gli europei erano impegnati dal 1939 a sbudellarsi, bombardasi, distruggere tutto quello che era possibile,
e ora :
” Comunità Europea”!
” Comunità Europea”!
Poi
la CEE, ancora più esplicitamente Comunità Economica Europea, nel
1957, a Roma, il trattato, anzi il Trattato. Che emozione, che
speranze.
Invece
alla prima prova neanche tanto difficile e cioè di accordarsi tra
cinquecento milioni di abitanti per soccorrere due milioni di
disperati in fuga coi bimbi e con le donne, è franato tutto.
Sono
gli Stati Nazionali, i Governi Nazionali, le Popolazioni Nazionali
che non vogliono accollarsi disturbi o correre rischi e dell'Europa
se ne fottono.
Se
la Croazia di quattromilioniduecentomila abitanti dice che
diciannovemila profughi la mandano in crisi, beh, è finita. Gli
toccava un profugo ogni 220 di loro e la Croazia è una Nazione
civile.
La
verità l'ha detta quel diplomatico danese. Venendo da una nazione di
sempliciotti, ha dichiarato pari pari che non si volevano, loro
danesi, giocarsi nemmeno un centesimo del loro tenore di vita. Gli
altri, Ungheria, Paesi Baltici, Polonia e in definita l'est europeo,
trovano formule più ipocrite.
Ma
quella è l'infame giustificazione.
Stavolta
sono fiero di essere italiano. Noi ne abbiamo salvati centosessanta
mila, ne ospitiamo diverse decine di migliaia e solo il Salvini ha
avuto il coraggio di specularci sopra, con la sua bella faccia di
merda.
Addio
Europa. Forse sono mancati simboli, marce, sfilate e batticuori e una
prova fondante di quelle dure, tutta nostra. Bah.
Proviamoci
ancora, gente.
Caro Paolo,nonostante tutto,io nell'Europa credo ancora.Non in questa Europa che ci costa miliardi e che spende solo per le traduzioni un miliardo di Euro all'anno e annovera tra i suoi parlamentari personaggi come Iva Zanicchi e peggio.Credo in quella Europa politica che oggi non esiste,credo negli Stati Uniti d'Europa,ma per ora è solo un sogno.
RispondiEliminaCiao fulvio
Caro Fulvio, ci credo anche io e credo che la faranno i giovanissimi e gli adolescenti.che ci viaggiano dentro, conoscono le lingue, ci studiano e ci lavorano. Però serve una impalpabile cosa che si chiama pathos; quello è mancato, l'emozione che dà un sentimento di appartenenza. Lo creano gli artisti, i poeti, gli scrittori, non i politici o gli economisti. E di pathos europeo in giro non ne vedo.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaNon tira aria di speranza.
RispondiEliminap.s. vengo a Firenze lunedì28 e martedì 29, ci potremmo incontrare per un caffè?
Sìììììììììììììììì! Ci dobbiamo incontrare per un caffè. A casa mia, Via Ricasoli 26, piano terreno, seconda porta a destra, bussare preannunziandosi al 05217443 perché talvolta esco.
EliminaCon La Pira: spes contra spem
mi segno tutto e ti chiamo! Evviva!!!!!
RispondiEliminati aspetto!
Elimina