martedì 28 febbraio 2012

Costa Crociere, il caso e la probabilità.

Il Caso non sa la matematica.

Mi ha chiamato un'amica per parlarmi della Costa Allegra, che è nei guai come la Costa Concordia: ma come è possibile?
Al telegiornale dell'una è uscito il matematico impertinente Piergiorgio Odifreddi a rassicurare tutti.  Nessuna paura, ha dichiarato il luminare, il caso non ha memoria e pertanto le probabilità di affogare su una Costa Crociere sono le stesse di prima.


L'affermazione contiene due errori. Il primo e più evidente è che le probabilità di affogare su una nave dipendono in larghissima parte da come è fatta, mantenuta e comandata.
Le disgrazie navali non sono mica numeri del lotto, che escono per pura casualità. Hanno cause immediate e remote. Due guai a fila, dopo anni di onorato servizio, possono significare che comandanti e manutenzioni  della Costa Crociere non sono più quelle di prima.

Ma Odifreddi è scusato, perchè gli avranno domandato dal telegiornale "...ma, professore, è caso o sfiga ? " E l'impenitente ma razionalissimo Odifreddi ha risposto che no, la sfiga non esiste. E' caso.
Secondo errore! Però anche questo scusabile perché i matematici non sanno nulla del caso. Se ne parlate tirano immediatamente in ballo il calcolo delle probabilità, la campana gaussiana e bla bla e bla bla.
Il Caso!



Gli antichi romani lo chiamavano Fato, ed era una divinità così potente che nemmeno Giove  
poteva disubbidire ai suoi comandi.
Figlio di Caos, il dio del buio cosmico antecedente la creazione, e della Notte, il Fato era irremovibile e si poteva scrivere:
Desine fata deum flecti sperare precandoNon sperare, pregando il dio, di piegare il destino.

Ma naturalmente Odifreddi, che ha avuto il coraggio di pubblicare un libro che si intitola " Come ti sistemo il Cristianesimo in quattro e quattr'otto", è molto superiore a queste cose.
Il bello è che ha torto anche nel merito. Il Caso non opera affatto secondo la teoria della probabilità. Fa , proprio come il Fato romano, cosa vuole nelle forme e modi che vuole e può  accanirsi. Contro una persona, contro una nazione o contro una Compagnia di Navigazione. O magari favorirle sfacciatamente.
Chi ha studiato un pò più di vita e magari meno matematica lo sa benissimo.
Io lo dimostrerò in un libro che spero di dare alle stampe prima dell'estate.
Consentitemi oggi di starmene zitto. E auguri a Costa Crociere, che ne ha proprio bisogno.

2 commenti:

  1. Ecco cosa fai quando non ti si vede.... SCRIVI! benissimo non sarà certamente un libro palloso!
    Non sono fatalista e manco matematica. Vivo al meglio e come posso! Ciao!

    RispondiElimina
  2. Ho cercato su google qualche commento circa le poco convincenti affermazioni di Odifreddi, e mi sono imbattuto in questa pagina. Anche io ritengo che Odifreddi abbia sconfinato dal suo campo, per il semplice fatto che una coincidenza rara (se non unica) non può rientrare in nessun valido modello scientifico di calcolo delle probabilità, il quale presupporrebbe la replicabilità secondo il metodo sperimentale; pertanto, non ha senso parlare di "stesse" probabilità ("stesse" rispetto a cosa? Un pò diverso sarebbe stato se Odifreddi avesse parlato di "possibilità"). Mi sembra che Odifreddi contrapponga alla superstizione un'altra superstizione, quella secondo cui ogni aspetto della vita è riducibile a modelli matematici. E' alquanto evidente che così non è.

    Detto ciò, Paolo, nel tuo ragionamento ravviso alcune velate contraddizioni. Per un verso, tendi ad assimilare il concetto di caso al dio Fato (un fattore magico, irrazionale, "a-causale"), per altro verso invece avanzi la possibilità che la disgrazia della Costa dipenda da cause umane (ma il concetto di causa esclude il concetto di caso e viceversa... quindi, delle due l'una!). Similmente: per un verso, tendi a ritenere che il doppio incidente sia un evento casuale e irrazionale, sfuggente alla matematica, per altro verso lo contrapponi ad eventi "puramente" casuali che rientrano in modelli statistici ("le disgrazie navali non sono mica numeri del lotto, che escono per pura casualità"). Insomma, sembri indeciso se il doppio incidente sia un evento "fatale", "casuale", o "causale" (determinato da cause umane). Riguardo il paragone con i numeri del lotto (improprio soltanto a metà), in cosa consisterebbe la "pura casualità"? Se davvero caso=fato, allora a rigore proprio i numeri del lotto sarebbero quelli "puramente" fatali. E ancora: se caso=fato (e se l'incidente è stato "casuale"), allora la coincidenza tra i due incidenti non si può ricondurre a responsabilità individuali, ovvero a cause umane conoscibili e riconoscibili, ma è legato a misteriosi nessi "fatali".

    Nella modernità, il concetto di "caso" è irrimediabilmente ambiguo, conteso tra scienza e non-scienza; quindi, a mio avviso, non è corretto assimilarlo tout court al concetto antico di Fato. Il "caso" è tutto ciò che accade (che "cade") senza che si conosca la causa. Ad esempio, banalmente, non si può ricostruire la catena causale del lancio di una monetina, dunque la sua caduta risulta casuale. Ma ciò non implica ancora un modello di spiegazione alternativo a quello scientifico-matematico. Il lancio della monetina si può potenzialmente (o teoricamente) spiegare con le sole leggi della fisica. Diverso è invece se i lanci casuali della monetina propendono significativamente da una parte o dall'altra e se coincidono (ad esempio) con le previsioni o le aspettative di chi la lancia. Insomma, caso=fato solo a metà, in quanto soltanto parte del caso chiama in causa un modello "fatale"... il caso della Costa crociere è possibilmente uno di questi casi. Psicologicamente, anche Odifreddi subisce lo stesso fatalismo, affermando che in ogni caso le probabilità sono "sempre le stesse". Come per dire: se è destino che un passeggero sia coinvolto in un incidente, lo sarà sempre e comunque.

    Saluti,

    Francesco Paolo Ferrotti

    RispondiElimina